sabato 6 dicembre 2008

Prospettive.

Un passo dopo l'altro seguo la mia traiettoria automatica.

Vado di fretta verso l'obbiettivo, il mio autobus.

Tutto bloccato, un presidio colorato sta bloccando il centro.

Alcune persone si lamentano, qualcuno chiama la polizia: vedo arrivare qualche pattuglia.

Lentamente un po' di poliziotti si allineano nel freddo invernale.

Si viene a formare uno spazio vuoto tra i due schieramenti ben allineati, mi immagino Napoleone in sella al suo cavallo che corre da una parte all'altra distribuendo ordini.

Da una parte cori e slogan, speranza e delusione, ripetutamente si mescolano trasformandosi in rabbia. Rabbia genuina, unica risposta possibile ad uno stato che, come un bambino viziato, si tappa le orecchie per non sentire e tira dritto.

La mia memoria segue i miei pensieri: mi decomprime al volo un mp3 incazzato dei Rage Against The Machine e me lo spara direttamente nei timpani.

A n ge r is a g i f t... A n ge r is a g i f t... A n ge r is a g i f t...”.


Dall'altra parte divise antisommossa fumano passeggiando nelle retrovie, il vociferare metallico delle radio si fonde con qualche sorriso scambiato qui e li, gli scudi sono bassi, non si respira nessuna tensione ma un bel po' di stanchezza: probabilmente preferirebbero essere a casa, o ad arrestare criminali, quelli veri: di certo non hanno fatto i concorsi immaginandosi schierati nella repressione di proteste pacifiche e fondate da parte di giovani che potrebbero essere benissimo loro figli.

Aggiungiamo al tutto che anche loro “sono stati tagliati”, anche loro sono stati additati come “fannulloni”, gli è stato detto attraverso le azioni che loro, i tutori dell'ordine pubblico, non sono in grado di mantenerlo: l'utilizzo dei militari contemporaneo alla proposta di tagliare i fondi alla polizia, non parlano da soli ?


“Quando liberate la via?” - sento.

Un signore sulla sessantina, probabilmente appena uscito dal lavoro, rivolto ad un poliziotto che si sta avvicinando richiede: “Quando liberate la via?”


Alcune persone nella strade non capiscono la situazione. Magari, stanchi e stressati, non hanno neanche l'energia necessaria per ascoltare. Per loro quel corteo è come un albero caduto in mezzo alla strada, un ora di ritardo sulla cena.


“Non lo sappiamo, aspettiamo ordini”


Nella risposta secca c'è un po' di risentimento: lui sa cosa comporta dover “liberare la via”.

Fuma e aspetta gli ordini, sperando che non arrivino, con il volto dipinto di blu dalle sirene dei reparti mobili in manovra.

Si ritrova a pensarsi mentre canta “noi la crisi non la paghiamo”. A forza spegne l'immaginazione, l'emozione e il pensiero. In questi frangenti sono pericolosi. Anni di disciplina gliel'hanno insegnato. Un fruscio metallico dalle radio lo fa sussultare.

Falso allarme, si continua a girare in circolo.

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